La farinata a Torino. Street food d’antica origine.
Il leggendario piatto ligure e toscano.
il gusto seducente di lunghissima tradizione.
La farinata a Torino
La farinata è un piatto tipico ligure e toscano. Da Michele si rifornisce da sempre dal medesimo produttore di farina di ceci, ingrediente la cui qualità fa la differenza.
Altri due segreti per ottenere una farinata con i fiocchi sono l’abilità nel non far raggrumare il composto e i tempi di cottura.
Procediamo? Si stempera la farina di ceci con acqua e sale e si fa riposare la miscela per alcune ore. Quindi si versa l’amalgama nelle teglie di rame stagnato precedentemente oliate e si inforna nel forno a legna.
I primi Street food
Le leggende sull’origine della farinata di ceci sono molteplici. Quella più diffusa racconta che la ricetta fu scoperta casualmente alla fine del XIII secolo, al tempo delle dispute fra le repubbliche marinare italiane. Durante lo scontro navale della Meloria fra la flotta ligure e quella pisana, le navi dei genovesi, travolte da un fortunale, imbarcarono acqua salmastra che impregnò alcuni sacchi di ceci stivati come scorte, riducendone il contenuto in una poltiglia salata. Vista la scarsità di provviste, l’intruglio fu dato in pasto ai rematori delle galere che, nonostante i morsi della fame e il rude palato, non ne furono particolarmente entusiasti. Il giorno successivo, però, la mistura, cottasi spontaneamente sotto i raggi del sole che batteva sui ponti delle navi, si compattò diventando la prelibata pizzetta gialla che tutti conosciamo. I vogatori ne furono talmente deliziati che fu distribuita a tutto l’equipaggio e da allora la farinata venne anche chiamata, ad onta dei vinti, “L’oro pisano”.
Senza voler sminuire il fascino del mito e risultare prosaici, sembra alquanto incredibile che a nessuno fosse venuto in mente, prima del 6 agosto 1284 (la data della battaglia della Meloria), che salando, bagnando e cuocendo della farina di ceci si sarebbe potuto ottenere qualcosa, non solo di commestibile, ma di decisamente buono. Questa leggenda infatti ha varianti che spostano la data d’origine della farinata di pochi anni – come nel caso del console dei Genovesi a Famagosta che, rimpatriato, sfamò la popolazione vittima della carestia con farina di ceci depredata ai saraceni – se non addirittura di molti secoli – ai tempi in cui i legionari romani la preparavano sui loro scudi chiamandola scripilita.
Diffusione geografica
La leggenda della battaglia della Meloria ha però il vantaggio di inquadrare il contesto storico-geografico nel quale nacque la farinata e di seguirne la successiva diffusione. Questa prelibatezza ebbe origine in un’area a cavallo fra la Liguria (dov’era chiamata dialettalmente “fainè”) e la riviera toscana di ponente (dove prese il nome di “cecina”). Erano terre di navigatori e mercanti che, sin dall’antichità, importarono dai loro viaggi in terre d’oriente, oltre ai carichi di spezie, i ceci, legumi autoctoni di paesi come la Turchia o l’Iraq. Molte ricette mediorientali – si pensi, ad esempio, all’hummus o ai falafel – ne fanno infatti largo utilizzo. Gli scambi con le zone limitrofe fecero conoscere successivamente questo piatto in tutto il bacino dell’Alto Tirreno.
Durante le occupazioni genovesi e pisane della Sardegna la farinata divenne parte integrante della cucina del sassarese, conservando il nome ligure “fainè” o “fainà”. La sua diffusione proseguì verso ovest oltrepassando i confini nazionali. La ritroviamo infatti a Nizza e a Mentone, arrotolata in coni di carta, con il nome di “socca”. Ancora più ad occidente, a Tolone, più recentemente, nel XIX secolo, i portuali genovesi, trasferitisi per dar man forte a Napoleone nella costruzione della flotta imperiale, diedero popolarità a questo semplice piatto, consumandolo prima di recarsi a lavorare nei cantieri.
La farinata in Piemonte e a Torino
Fin dal medioevo gli scambi fra Piemonte e Liguria furono molto intensi. Attraverso una rete di strade commerciali, chiamati “Vie del Sale”, i mercanti settentrionali trasportavano, sui loro carri, vini, formaggi e granaglie riportando indietro sale, olio e acciughe. Lungo questi percorsi si diffuse anche la farinata che, nel basso Piemonte, venne nominata evocativamente la “belecauda” (bella e calda). Chissà se a Torino, nei primi anni dello scorso secolo, quando Michele, il fondatore dell’omonima pizzeria, vi emigrò dalla Toscana, la farinata era chiamata anche in questo modo. È certo invece che Michele si specializzò nella preparazione di questo piatto portandolo alla sua massima espressione.
Sono, infatti, proprio le ricette semplici, create con pochi ingredienti, a richiedere una cura particolare nella realizzazione. Michele riuscì a creare nelle sue teglie un prodotto goloso ma al contempo delicato. Fette dorate e sottili, dalla consistenza croccante, che proprio per la loro leggerezza venivano particolarmente amate dai lavoratori torinesi a cui venivano consegnate in bicicletta, in un’anticipazione della moderna consegna a domicilio. Questa è la stessa farinata che ritrovate oggi sui tavoli di Piazza Vittorio Veneto in una delle migliori farinaterie/pizzerie del centro città. Una spruzzata di pepe, l’incantevole panorama delle colline torinesi e potrete ritrovare il gusto seducente di una vivanda semplice ma di lunghissima tradizione.